Con la sconfitta di Sigismondo Malatesta, nel 1463, il potere cadde nelle mani delle famiglie nobili della città di Fano determinando per la città stessa un isolamento politico dannoso anche per il suo contado. Nel 1465 la rocca di Cartoceto fu completamente restaurata sotto la direzione del castellano Giovanni Francesco dei Boccacci ed, essendo molto tesi i rapporti fra la città di Fano e i suoi castelli, fu posta una guarnigione di soldati per mantenere l’ordine in tutto il contado di qua dal Metauro.
Nel 1480 i Turchi saccheggiarono la città di Otranto, in Puglia, e tutte le popolazioni del basso e medio Adriatico si allarmarono e si prepararono a fronteggiare il nemico. Nei territori pontifici, il papa ordinò che fossero fortificate tutte le città della costa, compresa Fano la quale, per sostenere le spese, impose ai castelli del contado una tassa per la difesa della città. I castelli allora si ribellarono e richiedendo al papato la volontà di sottrarsi dal potere di Fano, dissero: “meglio coi Turchi che con Fano!“. Questi rapporti ostili tra le città e il contado, di cui Cartoceto era il castello più importante, continueranno per un motivo o per l’altro, ininterrottamentre nel corso dei secoli successivi.
Nel 1499 fece il suo ingresso nella storia di questo territorio la figura di Cesare Borgia, duca di Valois, detto il Valentino, il qualle ebbe in concessione da papa Alessandro VI i territori di Romagna, Marche ed Umbria. Fano, minacciata continuamente dalle dominazioni ad essa confinanti, sottomise senza violenza al Valentino fornendogli addirittura delle truppe per conquistare alcuni territori ribelli. Ma la fortuna del Valentino durò solo quattro anni, terminati i quali Fano si ritrovò isolata e minacciata in particolare dalle truppe di Guidubaldo della Rovere che conquistò diversi castelli del suo contado. La città reagì concentrando le truppe a sua difesa trascurando il contado. A Cartoceto fu lasciata una guarnigione di soli 35 uomini guidati dal capitano fanese Biccardo. La tranquillità ritornerà nel 1504 grazie a papa Giulio II, che fece da mediatore ed ottenne la restituzione dei territori di Fano sottratti dai della Rovere.
Negli anni 1528-1530 fu restaurata l’intera cinta muraria di Cartoceto. La rocca invece si andava sempre più deteriorando e, venuta meno la tensione fra Urbino e Fano, andava sempre più scomparendo la necessità di una efficiente rocca difensiva. La scossa di terremoto del 13 luglio 1572 fu fatale per Cartoceto: diverse persone morirono sotto le macerie, la rocca andò in completa rovina e non venne mai più ricostruita. Cartoceto perse a poco a poco la caratteristica di fortezza per assumere, nel corso del XVII secolo, quella di un tranquillo centro abitato, conservando nelle sue linee essenziali la struttura medievale.
Alla piaga della peste che coinvolgeva le popolazioni con cadenza quasi annuale e alle incursioni turche che tenevano gli abitanti in continua apprensione, si aggiunse, nella seconda metà del XVI secolo, il problema del brigantaggio particolarmente diffuso nei castelli di Montegiano e Ripalta.
Nel XVIII secolo la costruzione del Teatro del Trionfo, realizzato trasformando i locali del Mulino di sotto, la ricostruzione del complesso conventuale di Santa Maria del Soccorso e il restauro della torretta dell’orologio di Palazzo del Popolo testimoniano una sensibile rinascita culturale ed economica.
La supremazia di Cartoceto sugli altri castelli del contado di Fano di qua del Metauro era stata per secoli incontrastata. Il segno più evidente di questa preminenza era costituito dalla presenza a Cartoceto del Capitano Generale del contado. Con il passare del tempo l’importanza di questa figura diminuì, ma Cartoceto non volle mai rinunciarvi perché era comunque un segno di prestigio. Quando un capitano generale sceglieva un’altra residenza diversa da Cartoceto, in genere Saltara, sorgevano liti e proteste che si trascinavano per decenni.
Con la Rivoluzione Francese (1789) Cartoceto vide la permanenza per diversi mesi di alcuni preti fuggiti dalla Francia perché obbligati a giurare fedeltà alla nuova costituzione che ritenevano contraria alla loro fede. Un periodo di grandi paure e difficoltà si ebbe durante la dominazione napoleonica. Il 5 febbraio 1797 Napoleone entrò a Pesaro. Nelle città si costituirono governi provvisori detti Municipalità e venne creata la Guarda Civica per mantenere l’ordine pubblico. Il contado di qua dal Metauro venne denominato Contado cismetaurense. Finiva così il lungo periodo di pace goduto sotto lo Stato Pontificio. Camillo Marcolini, nelle sue Notizie Storiche della Provincia di Pesaro e Urbino, dice che “quantunque il governo degli ecclesiastici non fosse per se stesso molto buono, ogni ordine di persone, ad eccezione forse di pochissimi, non desiderava né desiderar poteva quella libertà che i francesi ci recavano in sulla punta delle spade […]”.
La Pace di Tolentino del 1797 tra Roma e la Francia mise fine ad una situazione molto tesa che altrimenti sarebbe di lì a poco degenerata anche se ebbe degli strascichi con la permanenza dei Francesi ad Ancona e la costituzione a Fano della Repubblica Fanese.
Con il Congresso di Vienna del 1815 iniziò la cosiddetta Restaurazione, in cui venne ripristinata la situazione pre-napoleonica. Lo Stato Pontificio fu riconsegnato al papa, vennero reintegrati gli istituti religiosi e le opere pie soppressi dai Francesi. A capo del territorio di Pesaro e Urbino venne chiamato, col titolo di delegato apostolico, il cartocetano Monsignor Luigi Pandolfi (1761-1824).
Gli anni dal 1855 al 1860 a Cartoceto furono dominati dalla figura del conte Camillo Marcolini (1830-1889), nominato Priore Comnale nel febbraio 1855, a soli venticinque anni. Persona molto colta, di idee liberali, ostile all’immobilismo del governo pontificio. Scriveva ad un amico nel gennaio 1857: “qui, e più che qui in Fano, si vegeta, ma non si vive; e siamo ridotti, tra breve, allo stato di zoofiti o di piantanimali […].”
Nemico delle idee mazziniane e repubblicane, contrario alle imprese e ai metodi con cui Garibaldi perseguiva la presa di Roma, Marcolini fu – per la zona di Fano – uno dei principali promotori dell’Unità d’Italia sotto l’egidia di Casa Savoia.
Come Priore Comunale di Cartoceto, cercò di vivacizzare con diverse iniziative la vita culturale ed economica del paese (già nel 1852 era sorta a Cartoceto una Società delle recite alla quale erano iscritti 22 soci, il primo dei quali era proprio il conte). Appoggiò presso le autorità la volontà di alcuni cittadini di formare una banda musicale.